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 Anno VII n° 7 LUGLIO 2011    -   MISCELLANEA


Una regione per volta
Trentino-Alto Adige: terra di ottimi vini e spumanti
Degustato per voi: “Maso Montalto” 2002, prodotto dalla famiglia Lunelli e Müller Thurgau, Alto Adige DOC del 2009 prodotto dall'azienda Peter Zemmer
Di Luana Scanu


Il Trentino-Alto Adige è una regione a statuto speciale, caratterizzata da un clima che può essere definito di transizione tra il semicontinentale e quello alpino.

Sia il Trentino che l'Alto Adige sono regioni interamente di montagna, entrambe attraversate dal fiume Adige e caratterizzate da forti escursioni termiche stagionali, che permettono alle uve di sviluppare meglio i propri aromi.

I vitigni a bacca bianca più coltivati nel Trentino sono: chardonnay, Müller Thurgau, pinot bianco, nosiola, riesling e sylvaner verde. Tra questi bianchi conosciuti e coltivati in tutto il mondo, quello che invece si distingue come unico è la nosiola, il fiore all'occhiello della regione, dalla quale si produce un vino molto particolare: il Vino Santo.

A bacca rossa invece abbiamo: la schiava rossa, dalla quale si ottengono vini semplici e beverini, il teroldego, definito il “principe” del Trentino grazie alle sue particolari caratteristiche organolettiche e il marzemino, vitigno coltivato in terreni di origine vulcanica. Il pinot nero, il cabernet sauvignon e il merlot in questi climi freschi regalano una buona complessità olfattiva e un'importante struttura ed eleganza.

In Alto Adige invece abbiamo: l'internazionale chardonnay, il kerner, il moscato giallo, il Müller Thurgau, il riesling, il sauvignon e il pinot bianco. Vitigni bacca rossa, come il cabernet franc, cabernet sauvignon, lagrein (autoctono), merlot e pinot nero, possono subire un lungo invecchiamento, regalando così sensazioni eleganti e vellutate dopo tanti anni. Abbiamo infine il portoghese e la schiava, che è il vitigno più rappresentativo della zona e che si distingue in 4 sottovarietà: schiava gentile o piccola, grossa, grigia e tschaggele.

I vini ottenuti da questi vitigni vengono raggruppati nelle DOC, che nel Trentino sono 7: “Caldaro”, “Casteller”, “Teroldego Rotaliano”, “Trentino”, “Trento”, “Valdadige” e “Valdadige Terradeiforti”.
Nell'Alto Adige invece ne abbiamo 3: “Alto Adige (Sudtiroler)” con sei sottozone, “Caldaro” (unitamente al Trentino) e “Valdadige” (unitamente al Trentino e al Veneto).

Degustati per voi

Per rappresentare il Trentino ho scelto un vino rosso, prodotto da una famiglia che vanta una lunga tradizione in materia di bollicine: la famiglia Lunelli, proprio quella che produce il famoso Ferrari.

Abbiamo spesso parlato di spumanti, sappiamo quindi che l'Italia produce prodotti di alto livello, sia a Metodo Classico che Martinotti, quindi non mi soffermerò su questo argomento. Voglio sottolineare la grandezza dei fratelli Bruno, Gino e Mauro Lunelli che, nonostante da sempre la loro azienda abbia seguito un taglio spumantistico, sono riusciti a differenziare il proprio lavoro e a produrre dei vini fermi di alto livello, sia bianchi che rossi.

In questa sede analizzeremo il “Maso Montalto” 2002, un pinot nero al 100% dalla gradazione alcolica di 13,5%.

Al bicchiere il vino si presenta con un colore rosso granato, dotato di un'ampia unghia aranciata, ma ciò che si nota subito, oltre il colore, è la trasparenza del vino, tipica del pinot nero. Roteando il bicchiere mi colpisce la consistenza del vino, data dalla gradazione alcolica e dal suo corpo, che in questo caso è veramente importante e crea degli archetti fitti e lenti nella discesa.

Al naso, la prima sensazione che si fa notare è quella che in realtà manca, ossia l'ossidazione. Il vino in questione è un 2002, fa un passaggio in botte (barrique e tonneau) di 12 mesi e altri 36 (circa) in bottiglia. Dopo di ché viene messo in commercio (dopo quattro anni). Mi aspettavo quindi, almeno un accenno di ossidazione, data proprio dalla lunga permanenza in bottiglia e invece il pinot nero dimostra la sua grandezza: ne è completamente privo.

Il pinot nero ha antichissime origini francesi che trova l'habitat ideale a latitudini elevate, ma viene ormai coltivato in tutto il mondo: in Italia soprattutto nell'Oltrepò Pavese, in Trentino-Alto Adige e in provincia di Piacenza.

Il pinot nero, nonostante dia grandi vini e soddisfazioni, è un vitigno difficile da coltivare e da vinificare, con un carattere generoso quanto capriccioso. Ho letto un articolo, riguardante il vitigno in questione, su una nota rivista italiana in cui la moglie di un produttore altoatesino dichiarava: “per carità, non venite in cantina in questi giorni, mio marito sta vinificando il pinot nero ed è intrattabile!” Questa la dice lunga sul carattere del vitigno!

Proseguendo con la degustazione, al naso si possono rilevare note di frutti rossi maturi, amarena sotto spirito e una forte essenza di vaniglia, profumo terziario che si è sviluppato durante l'affinamento in piccole botti di rovere.

Al palato si presenta morbido, addirittura vellutato, con un tannino poco accennato ed elegante. Nonostante la morbidezza, riesce comunque a conservare una buona acidità. Prezzo in enoteca: € 30.00

Abbandoniamo il Trentino e la famiglia Lunelli e spostiamoci invece nell'Alto Adige, dove invece analizzeremo un bianco, il Müller Thurgau.

Questo vitigno nasce da un incrocio tra riesling renano e sylvaner verde, per opera del Professor Hermann Müller di Thurgau, località della Svizzera. Dopo recenti studi genetici sembra però che in realtà l'incrocio sia riesling x chasselas.
E' diffuso particolarmente nelle province di Trento e Bolzano, anche se ormai è coltivato pure in altre zone di montagna e collinari.
Il vino da me degustato, un Alto Adige DOC del 2009, è stato prodotto dall'azienda Peter Zemmer.
Le uve crescono a 500 metri sul livello del mare, su un pendio ben esposto ai raggi del sole che ne favorisce la perfetta maturazione.

Il colore è un bel giallo paglierino carico, limpido, e roteando il bicchiere si può notare che è caratterizzato da un corpo medio, diciamo non troppo strutturato.
La prima olfazione dà grandi aspettative, peccato che dopo qualche minuto il vino perda tutti gli aromi che inizialmente pareva possedere. Riesco a riconoscere un floreale giovane, di fiori bianchi e un sentore di mela.
Dopo di ché, il nulla.
Al palato si può notare subito una buona acidità, accompagnata da una discreta sapidità e da un retrogusto amarognolo, dato probabilmente da una leggera ossidazione.

Un po' delusa dallo scarso bouquet provo ad aspettare qualche minuto, per dare il tempo al vino di aprirsi un altro po' e soprattutto di riscaldarsi, in modo da valutare se il bouquet sia stato inibito dalla temperatura troppo bassa. Ma niente, la situazione non migliora, la P.A.I (la persistenza aromatica intensa) è veramente scarsa, allora mi arrendo.

Probabilmente ci troviamo di fronte ad un vino molto delicato, ma da un Müller Thurgau e soprattutto da un vino che costa €12.50 in enoteca, sinceramente mi aspettavo qualcosina in più!



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