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 Anno VIII n° 2 FEBBRAIO 2012    -   FATTI & OPINIONI


Il commento settimanale
Genova: con le primarie si conferma lo scollamento del PD dal suo elettorato

Di Il Nibbio


Marco Doria in una foto tratta alla sua pagina su Facebook
Ancora una volta le primarie nel centro sinistra danno vincente un candidato diverso da quelli proposti dalla nomenclatura del PD: non può più essere un caso.
Marco Doria, che vince alle primarie del centrosinistra di Genova, è un candidato indipendente, uomo di cultura con alle spalle un'importante e qualificata storia di famiglia e sostenuto da SEL e da un gruppo d’intellettuali tra cui anche Don Gallo. Ottiene il 46% dei voti. Superando nettamente le candidature del PD, quella del sindaco uscente, Marta Vincenzi (27,5%) e quella della senatrice Roberta Pinotti (23,6%).
Si presenta, come Pisapia a Milano, pacato e chiaro nelle idee, con un interesse per il governo della città e non come contrapposizione di potere ad altri.

Come interpretare l'ennesima sconfitta dei candidati proposti dal partito della coalizione che dovrebbe essere la guida perché raccoglie la stragrande maggioranza dei voti?

Si deve partire dall'interpretazione che gli elettori danno alle posizioni dei partiti. In parecchi sondaggi gli elettori hanno espresso il gradimento per un forte partito di “centro” (circa un terzo degli elettori), ma forse nessuno si è preso la briga di comprendere cosa intendano gli elettori per “centro”.
Credo sia evidente che il “centro” desiderato non è Casini con l'UDC e i cespugli che lo attorniano, altrimenti non galleggerebbe al di sotto del 10% in qualunque coalizione si ponga. Il “centro, che desiderano gli elettori, non è quindi un partito che si rifaccia alle indicazioni del clero cattolico.

Una buona parte di quelli che vorrebbero un partito di centro vota certamente il PD, altri non votano proprio.

Cerchiamo di capire cosa succede nelle primarie: quelli che si propongono di votare il centro sinistra scelgono con questa procedura il candidato sindaco e, leggendo i risultati, si dimostra che chi vota PD non sceglie i candidati proposti dalla nomenclatura. Il significato che si deve dare a ciò mi sembra chiaro: se piace l'idea di un partito di centro non piace il PD così com’è perché la nomenclatura è scollata dall'elettorato e non lo rappresenta.

Tranne a Napoli, dove ha vinto De Magistris dell'IDV, è sempre un candidato del SEL, cosa vuol dire questo?

Vuol dire per prima cosa che il partito ideato da Vendola sa scegliere i suoi canditati. Marco Doria ha tutti i numeri per essere un buon sindaco e gli elettori delle primarie lo hanno scelto.
Credo però che ci sia di più: Vendola sa convincere.
È di sinistra, ma ha buttato le vecchie abitudini e i modi di dire della sinistra comunista. Da più di venti anni la caduta del Muro di Berlino ha mostrato chiaramente che l'utopia comunista è sbagliata e continuare nel solco verbale del vecchio PC è un grave errore.
Vendola, come Napolitano, ha raccolto solo il meglio dell'idea di sinistra del vecchio PC e sulla base di quello governa in Puglia e si propone di governare il resto dell'Italia. Finora gli elettori gli hanno dato ragione.

E cosa fa il PD nel frattempo?
È strabico: pensa di allacciare alleanze con Casini e il “centro cattolico” perché continua a ragionare nel vecchio modo guardando al "peso delle tessere". Non capisce che gli elettori non gradiscono due cose: gli intrallazzi delle correnti e l'ingerenza del clero.

Gli intrallazzi delle correnti portano alla scelta di candidati non graditi all'elettorato più ampio, quello che vota e quello che non vuole tapparsi il naso per votare.

Resta ancora una domanda a cui cerco di rispondere: perché SEL non sembra raccogliere adesioni tali da presentarsi come leader del centro sinistra?
Questo dovrebbe essere un quesito da porre con un’indagine demoscopica; dico la mia opinione: in troppi lo identificano ancora come “comunista”; molti di SEL non hanno compreso l'esigenza di allontanarsi dalla vecchia immagine del PC e delle “lotte di classe”, delle “battaglie” urlate in piazza. Ora il metodo è quello di “Se non ora quando”. Gli italiani vogliono un centro progressista e riformatore in grado di cambiare l'Italia, non vogliono una rivoluzione che scombini tutto buttando il bambino con l'acqua sporca.

Il PD non appare né riformatore né progressista: l'ha dimostrato lasciando cadere Prodi, ma SEL appare ancora “rivoluzionario”. Queste sono le contraddizioni del Centro sinistra che ne tarpano le ali alle elezioni se non avviene, com’è successo a Milano, che ci sia un candidato che trascina gli elettori.

Le indicazioni dell'elettorato mi sembrano chiare: o il PD cambia o SEL dovrà diventare il partito di riferimento.



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