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 Anno VIII n° 4 APRILE 2012    -   IL MONDO - cronaca dei nostri tempi


Considerazioni su un indagine del Censis
Il senso della famiglia e dell'identità in Italia

Di Francesca Bisbano


Dio, patria e famiglia prima di tutto! Questa è l'immagine emersa dal recente rapporto Censis su “i valori degli italiani”. Dati che mostrano come, di fronte alle sfide della globalizzazione e del multiculturalismo imperante, gli abitanti del bel paese tendono a ripiegare verso i caposaldi sempreverdi della nostra storia nazionale.

Così appunto la famiglia, la religione e l'identità etnica si pongono in testa alla classifica, con il 65% delle preferenze per il senso della famiglia, il 21% per la tradizione religiosa (intesa principalmente come spiritualità) e il 20% per la qualità della vita, poiché molti credono che l'Italia sia il paese al mondo dove si vive meglio.

E' preferibile rimanere in patria, piuttosto che emigrare. Il 70% degli italiani è convinto che abitare in un posto bello aiuti a diventare persone migliori e che ci sia un legame tra etica ed estetica: la bellezza ha anche una funzione educativa, per questo il 41% della popolazione pensa che le meraviglie del nostro Paese possano essere la molla che ci farà ripartire, insieme alla riduzione dei consumi. Il consumismo infatti attrae sempre meno e i più ritengono che, anche in questa fase di crisi, nella propria famiglia si potrebbero contenere le spese, tagliando sprechi o eccessi. Meglio conservare quel che si ha e non desiderare ciò che non si può.

Ai buoni propositi per il futuro poi si accompagna un rinnovato senso di spiritualità. Vade retro materialisti, atei e razionalisti! L’82% degli italiani pensa che oltre la realtà materiale esista una sfera trascendente o spirituale. Di questi poi il 66% si dichiara credente e il 16% lo pensa anche se non si dichiara osservante (solo un terzo degli italiani si reca nei luoghi di culto una o più volte alla settimana per partecipare alle funzioni religiose).

Non è tutto, perché rampantismo individualista e soggettivismo esasperato, ora appaiono superati nell’ottica di un recupero della dimensione collettiva e relazionale dell’esistenza. Messa da parte qualsiasi rivendicazione dell'autonomia personale, ci si apre all'altro e la famiglia diviene perno della comunità nazionale, nonostante i format familiari siano mutati notevolmente nel corso del tempo.

Nel periodo, che va dal 2000 al 2010, è diminuito il numero delle coppie coniugate con figli, mentre sono aumentate le famiglie con un solo genitore. Di contro tra 1998 e il 2009 sono cresciute le unioni libere che, inclusi i figli, coinvolgono oltre 2,5 milioni di persone. In crescita anche le famiglie ricostituite, che in totale arrivano a 629mila. Famiglie in evoluzione, ma anche in recessione, se pensiamo che anche se ci si sposa meno (tra il 2000 e il 2010 i matrimoni sono diminuiti del 23,7%), all’unione matrimoniale è ancora riconosciuto un valore importante: il 76% degli italiani è convinto che sia una regola da rispettare e il 54% ritiene che questa garantisca maggiore solidità alla coppia.

Cambia la società, cambiano gli italiani, bisognosi di ordine e moralità. Si picchia duro anche contro la trasgressione e l'esagerazione. È ora di darsi una regolata! Stanchi delle forme più estreme e sregolate di individualismo, scatta il riflesso «law and order». L’89% dei cittadini vorrebbe misure più severe contro le droghe pesanti, l’87% le ritiene auspicabili per contrastare i fenomeni legati alla guida pericolosa, il 76% nei confronti dell’abuso di alcol, il 74% verso le droghe leggere, il 71,5% nei confronti della prostituzione. La deriva restrittiva è meno intensa, ma comunque presente, nei confronti dei fumatori (il 52% vorrebbe provvedimenti più stringenti) e di chi mangia cibi ipercalorici che causano l’obesità (47%).

Scintille di speranza?

Non troppa, perché se è vero che la crisi verticale della soggettività ha in qualche modo spinto gli italiani verso la riscoperta delle relazioni, tale approccio privilegia senz'altro un ritorno al familismo, che, spaventato, si chiude al mondo. Un atteggiamento pericoloso, poiché rischia di ripiegare sull'auto-riconoscimento identitario, che potrebbe incrementare ulteriormente i ritardi fin'ora mostrati dal nostro paese nel riconoscimento dei diritti di tutti i cittadini, nonché nella lotta alla discriminazione, a prescindere dalla scelta di vita familiare che ognuno abbia compiuto.



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