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 Anno VIII n° 6 GIUGNO 2012    -   TERZA PAGINA


Il luoghi della Sicilia
Mondello: la “fuga” da Palermo

Di Chiara di Martino


È ufficiale, qui in Sicilia è già estate.
A scuola cominciano ad allentarsi le redini tenute per tutto l’anno saldamente strette tra le mani dei professori, nei weekend la città si svuota dei suoi abitanti piombando in un irreale silenzio e le località di mare si riempiono di corpi flaccidi e bianchi, spiaggiati al sole per cercare di riacquistare un colorito decente.

Con la scusa di un po’ di meritato riposo mi ritaglio un fine settimana lontano da studio e lavoro accettando di buon grado la proposta di un mio amico: “sto scendendo a Palermo, preparami la pasta al forno”…click. Una conversazione durata trenta secondi ma ricca di significato.

Chi viene in Sicilia da turista non può fare a meno di innamorarsi di questa terra baciata dal sole e accarezzata dal mare, un turista non può che sospirare al ricordo dei caratteristici mercati o guardando le foto dei monumenti, documenti delle passate dominazioni. Detto fatto!!

Un amico, un turista da scarrozzare in giro per la mia città mostrando il meglio che Palermo possa offrire. Il sole caldo e forte fuga qualsiasi dubbio sulla scelta della meta: mare. Mondello è la località balneare più vicina alla città, nata come borgo marinaro, ad oggi è la zona più ambita in fatto di villeggiatura.
Ogni volta che faccio rotta verso la sua spiaggia ringrazio che sia cosi vicina e accessibile anche per un cinquantino mezzo scassato come il mio.
Dopo un po’ di semafori e gas di scarico io e il mio ospite raggiungiamo il parco della Favorita, ex regia tenuta di caccia, con i suoi grandi viali alberati che spazzano via l’appiccicoso caldo urbano.

L’entrata al parco è sorvegliata da due leoni di pietra, come uno stargate separano il mondo caotico della città dalla calma e tranquillità della riserva . Ciclisti e fanatici dell’atletica ci fanno da contorno, loro sudati e ansimanti isolati dal loro i-pod e noi freschi e spettinati alla folle velocità di 60km/h(l’avevo detto che era un po’ scassato).

Marsa ‘at tin, la traduzione araba non proprio accattivante (porto del fango) non rende affatto giustizia ai colori e alla bellezza di Mondello. Prima di allucertolarci al sole faccio gli onori di casa e mi pavoneggio anche un po’ non appena vedo la bocca pendula, per lo stupore, del mio amico.
Passeggiando snocciolo qualche curiosità folcloristica, giusto per rendere meno accademica la nostra visita; passiamo davanti una villa in stile pompeiano che pare sia infestata dai fantasmi, una veloce puntata nei luoghi scelti da Luchino Visconti per girare il suo Gattopardo e cosi via..bellissime ville liberty, che si stagliano lungo i viali alberati, il colore azzurro cielo, che, in lontananza, s’immerge nel blu mare, fanno pensare ad un pezzetto di paradiso regalato a chi forse non se lo merita poi tanto. Un po’ d’immondizia qui e là svela l’incuria e la non curanza prima che degli addetti alla pulizia, dei cittadini stessi.

Per non distruggere quell’incanto, sposto l’attenzione sul monte Pellegrino, ai piedi del quale sorge la frazione marinara, e sulla sua strana forma. Se guardato da una certa prospettiva, infatti, si può scorgere il profilo di un San Bernardo, con tanto di fiaschetta d’emergenza, comodamente sdraiato sull’acqua.

Continuiamo la nostra “passiata” ritrovandoci ai cancelli del Charleston, uno storico stabilimento balneare, stile liberty, con tanto di ristorante. Appollaiato sul golfo di Mondello con la sua struttura imponente, veglia sui bagnanti, così come è nobile il suo aspetto lo erano anche i suoi clienti, i reali di casa Savoia, che erano soliti frequentarlo seguiti a ruota dalla Palermo “bene”.

Con la promessa di un gelato attiro il mio amico verso la piazza principale e lì faccio punto, set e partita: una fontana circondata da panchine, i tavolini del bar “Renato” storico punto d’incontro, in fondo una serie di localini aspettano impettiti l’orda di bagnanti affamati, come un esercito pronto alla battaglia. “A casa non ci torno più”, ecco la frase che aspettavo, un'altra conquista, un altro pretendente innamorato dello stesso mare che amo io.

Dopo qualche panino con panelle e crocchè, satolli e appagati, decidiamo di stenderci al sole. I cortili incorniciati dalle cabine dipinte di azzurro e bianco, si ripetono tutti uguali, interrotti solo da qualche lido e dal suo stuolo di sdraio e ombrelloni perfettamente allineati. Tra me e la sabbia solo uno strato di microfibra, per me è normale, ma il mio ospite ha gli occhi pieni di questo spettacolo e non riesce a stare fermo, sollevando fastidiosi granelli ovunque nemmeno, fosse un bambino pestifero.

L’acqua, ancora troppo fredda, e la pancia, ancora troppo piena, sbarrano il passo al primo bagno estivo; guardo il golfo di Palermo e penso a tutte le città che ho visitato nella mia vita e arrivo alla conclusione che poche reggono il confronto; peccato non sfruttarne al massimo tutte le sue potenzialità.

Il sole sta scomparendo all’orizzonte: è il momento di tornare. In sella al mio cavallo d’acciaio, un po’ attempato, facciamo ritorno verso casa e più mi allontano dall’odore del mare più capisco la nostalgia che leggo negli occhi di chi questa terra è stato costretto a lasciarla.



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