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 Anno VIII n° 7 LUGLIO 2012    -   PRIMA PAGINA


Lo sbuffo
Occorre il cambiamento: a noi il compito di dare la giusta spinta

Di Giovanni Gelmini


Per uscire dalla crisi si deve cambiare.
Nel tempo la società s’incrosta di sovrastrutture e di vincoli che ne impediscono l'evoluzione e producono “la crisi di sistema”. Spesso la speculazione sfrutta questo stato per fare soldi; ecco perché le crisi sembra siano causate da essa, ma non è così; la crisi è causata da chi si oppone al cambiamento, dalle lobby del potere: capitalisti, politici, sindacati, ecc... il potere ha sempre una filosofia conservatrice e reazionaria.

La crisi è causata dall'asfissia della società e, per tornare a vivere bene, si deve rimuovere quello che toglie il respiro. Non è tanto la crescita, ma l'equità quella che conta: non avere un potere concentrato nelle mani di pochi; la crescita è opportuna perché permette i cambiamenti senza i conflitti sociali.

Si deve cambiare.
Deve cambiare il modo di concepire la società, deve cambiare il modo di fare la politica, deve cambiare il modo di fare azienda, deve cambiare quasi tutto.

Eliminare i consumi inutili imposti dalla pubblicità è un passo che possiamo fare da soli, questo induce immediatamente le imprese a cambiare il loro modo di organizzarsi. Quello che risulta difficile è cambiare le incrostazioni legate ai politici ed ai sindacalisti: quelli non mollano perché sanno che dietro a loro c'è il vuoto, si aggrappano alle strutture dei partiti da loro create e non hanno la testa per cambiare il loro modo di agire.

Non possiamo però dimenticare che, in democrazia, periodicamente il potere torna ai cittadini attraverso le elezioni e i referendum. I cittadini allora hanno il dovere di valutare attentamente cosa fanno. Per tornare ad avere una società soddisfacente, ci si deve rimboccare le maniche. Si deve studiare le proposte referendarie e andare a firmare quelle che scardinano il potere che oggi opprime (ce n'è una adesso, non pubblicizzata, per la riduzione dei compensi ai politici). Si devono studiare i curricula dei candidati alle elezioni, eliminando a priori quelli che occupano perennemente il riquadro televisivo e discutono degli accordi fra di loro. Si deve tornare ad essere interessati alla politica, quella vera, non quella delle chiacchiere che per mezzo secolo ci hanno propinato e, infine, ci si deve scomodare ed andare a votare: avere il coraggio di scegliere.

Non possiamo più far finta di niente; quando la politica torna nelle nostre mani, dobbiamo usarle e fare la croce su quello che riteniamo il meglio o il meno peggio: astenersi vuol dire firmare la propria condanna.



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