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Crisi e manovra

Cosa c'è di sbagliato: le politiche keynesiane o il bilancio di decenni di politica?

Impossibile incrementare il debito pubblico. È tassativo raggiungere nel 2013 il pareggio di bilancio sottoscritto da Berlusconi. I politici sono intoccabili e allora cosa resta da fare?

Di Giovanni Gelmini

Ora la crisi morde e più nessuno può negarne la portata. Paesi sull'orlo del fallimento, famiglie sul lastrico, disoccupazione a livelli mai visti, le famiglie riducono la spesa e così settori interi dell'economia sono in difficoltà.

La ricetta del Keynes, applicata per la prima volta negli USA per uscire dalla crisi del '29, è stata molto efficace: lo Stato deve investire per rilanciare le imprese e la fiducia degli investitori e dei consumatori.

Bello, ma oggi impercorribile!
Perché è impercorribile e invece si deve per prima cosa puntare al pareggio di bilancio?
Semplice: tutta l'Europa ha abusato del “debito pubblico”, non per fare investimenti di lungo periodo, come vorrebbe la teoria economica, ma per pagare “le spesuccie” della politica.

L'Italia è certamente stata la capofila in questo metodo di gestione della finanza pubblica. Craxi lo ha reso “sistema”: indebitamento crescente, distribuzione di benefici agli amici, ritorno del famoso “5 percento” al partito.
Allora poco importava avere un offerte di bound del Tesoro eccessiva perché si potevano offrire a tassi elevatissimi, 15-16%, agli acquirenti, in genere piccoli risparmiatori sprovveduti e invogliati dall'elevato interesse, perché l'inflazione reale era ben più elevata, anche oltre il 20%.

Oggi l'inflazione deve essere tenuta sotto controllo perché danneggia i paesi sani dell'Europa e il debito ha raggiunto livelli tali che è improponibile aumentarlo, anche se per giustificati motivi come fare investimenti. La via del pareggio di bilancio è obbligata e prima la si raggiunge, prima si può tornare ad investire anche ricorrendo all'emissione di bound.

Si sarebbe potuto discutere se fosse stato meglio avere il pareggio nel 2013 o nel 2015, ma un certo Governo Berlusconi, con un super-ministro della portata di Tremonti, ha scelto il pareggio per il 2013 e non raggiungerlo oggi vorrebbe dire perdita di credibilità per i mercati finanziari, cioè un vero disastro per la finanza pubblica e quindi per tutta l'Italia, che vive in buona parte sull’esagerata spesa di uno Stato disastrato.

Sappiamo che la riduzione del deficit di bilancio può avvenire in due modi: aumentare le entrate (essenzialmente tasse, sistema veloce e sicuro che però crea disagio e recessione) o diminuire le uscite. Quest'ultima via è quella giusta, ma ha dei punti neri. Innanzi tutto è incerta, per la quantificazioni preventiva delle dimensioni e poi va fatta con grande attenzione perché può creare più danni dell'aumento delle tasse se genera scompensi eccessivi.

Se l'aumento delle tasse crea forti disagi, specialmente per i redditi più bassi, il taglio delle spese, specialmente quelle inutili, solleva grida e agitazioni di piazza, pilotate ovviamente da chi si trova con minor potere se passano i provvedimenti. L'esempio chiaro di dove e quali siano le difficoltà nei tagli li abbiamo nella impossibilità di tagliare i costi della politica: impossibile ridurre gli emolumenti degli eletti, impossibile impedire il cumulo delle cariche, impossibile toccare le Regioni, difficoltà a far passare una legge anti-corruzione di minima portata.

Certo l'ultimo provvedimento del Governo Monti lascia molte perplessità. Ad esempio mi sembra giusto imporre di portare in denuncia dei redditi qualunque entrata, eliminando però non solo tutti i redditi esenti, ma anche tutti quelli sottoposti a “cedolare secca” e contemporaneamente elevando il reddito “non imponibile” a quello che si deve considerare il reddito di sussistenza, almeno 12.000 contro gli attuali 8.000. Questo vorrebbe dire che sui redditi bassi il cumulo dei redditi non imponibili non porterebbe ad un incremento reale della tassazione, oltre a semplificare il rapporto col fisco.

Difficile in ogni caso capire quello che Monti è in grado di fare nella realta, perché non possiamo dimenticare che la maggioranza del Parlamento è ancora in mano al PDL e di qualche altra formazione vicina, sicuramente ancorate a difendere a spada tratta i privilegi della casta e degli “amici”.

Argomenti:   #corruzione ,        #crisi ,        #europa ,        #finanziaria ,        #governo ,        #keynes ,        #partiti ,        #politica



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