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Il Censis sbugiarda i politici

Le Province sono le istituzioni più adeguate per dare identità e governo all’area vasta


«La dimensione territoriale provinciale rimarrà centrale nei destini del nostro Paese. E questo vale a maggior ragione oggi, nell'attuale fase di crisi economica e finanziaria e di grande difficoltà della società civile», ha detto Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, commentando i risultati di una ricerca dell'istituto sulle modalità di governo dell'«area vasta». «Nella gran parte delle province italiane si registra una capillare distribuzione sul territorio di popolazione, imprese e servizi, cui corrisponde una complessa trama di relazioni. Si pone dunque con forza l'esigenza di mantenere e rafforzare un governo di area vasta unitario e coerente. Dalla ricerca emerge che questa è un'esigenza diffusa, assolutamente non limitabile ai territori delle province oggi destinate a tramutarsi in città metropolitane», ha proseguito De Rita.

La ricerca del Censis, dal titolo «Rileggere i territori per dare identità e governo all'area vasta. Dalla mappatura del territorio nazionale una ridefinizione delle funzioni di governo intermedio», è stata presentata il 5 novembre, nel corso dell'Assemblea generale delle Province al Teatro Quirino a Roma. Dallo studio emerge, grazie anche a un abbondante ricorso a dati territoriali e a nuovi indicatori socio-economici, che le stesse ragioni che sostengono la costituzione del nuovo ente «città metropolitana» valgono per la gran parte dei territori delle attuali province italiane. Province oggi governate da enti che si vogliono invece abolire o privare di reali funzioni di governo. Ma tali funzioni di governo non possono essere frammentate, distribuite in capo ai Comuni che di volta in volta dovrebbero trovare un accordo per gestire servizi o reclamare politiche.

Il caso più emblematico è quello delle scuole superiori. Se la loro gestione passasse ai Comuni, oltre a una riduzione delle economie di scala nel campo della manutenzione, si presenterebbero sicuramente altri problemi. Solamente il 18,3% dei Comuni italiani ha sul proprio territorio almeno una delle 7.036 scuole superiori (ubicate in circa 5.000 edifici scolastici).

Trasferendo le competenze ai Comuni si determinerebbe una moltiplicazione dei soggetti di gestione: da 107 Province che si occupano degli edifici ospitanti le scuole superiori (in media, 65 scuole per Provincia) si passerebbe a 1.484 Comuni che intervengono nella gestione di 4,7 scuole in media ciascuno, dovendo trovare l'accordo e ripartire gli oneri con una media di 9,8 Comuni. In definitiva, oggi un ente - la Provincia - gestisce 65 istituti superiori, con tutte le economie di scala connesse e la possibilità di realizzare una programmazione formativa. Domani - senza le Province - i Comuni sede di istituti superiori si troveranno a gestire in media solo 5 scuole e dovranno condividere scelte e costi con il loro bacino d'utenza in media di 10 altri Comuni. Nella sola Provincia di Napoli, ad esempio, la parcellizzazione porterebbe a un reclutamento gestionale di ben 69 diversi enti.

Per gestire i servizi a livello di area vasta serve una lettura complessiva e unitaria delle vicende socio-economiche e insediative del territorio. Le attuali circoscrizioni provinciali auto-contengono all'interno dei propri perimetri tutti i principali processi socio-economici di area vasta. Gli enti che le governano sono dunque il livello istituzionale più adeguato per questo scopo.

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