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Lo sbuffo

In economia uno zero resta uno zero

Chi vede in uno “zero” solitario un segno di ripresa o è un incompetente o è in malafede

Di Giovanni Gelmini

Troppi media stanno diffondendo una notizia sbagliata: non siamo fuori dalla crisi, né c'è motivo di soddisfazione perché uno solo, dei tanti indici pubblicati dall'Istat, sia pari a zero. Il dato vero e consolidato è così descritto dall'ente: “La variazione acquisita per il 2013 è pari a -1,9%.” Questo è il solo significativo che abbiamo disponibile.

Anni di lavoro da economista mi hanno reso certo che gli indici congiunturali vanno presi con le pinze e devono essere interpretati con altre informazioni, magari non precise e misurate, ma più reali, che ne certificano la consistenza.

L'Istat ha diffuso ieri due rilevazioni: oltre a quella del PIL, anche quella della produzione industriale, entrambe mostrano un rallentamento sull'ultimo dato rilevato, ma è pensabile che questo indichi una “inversione di tendenza”?

Analizziamo i due grafici che si trovano nelle due pubblicazioni.
Per il PIL vediamo che la diminuzione è in atto dal 2008, se si esclude un breve periodo di stasi e poi ripresa decisamente congiunturale. Oggi siamo al livello del 2001 e uno “zero” tra due trimestri non indica certo una ripresa, un’uscita dalla crisi: ci vuole ben altro.

Come dicevo prima anche l'industria ha un segno positivo, ma, se osserviamo bene il grafico, vediamo che è certamente un sobbalzo congiunturale (probabilmente dovuto al ciclo delle scorte), un sobbalzo che si verifica sempre dopo una manciata di mesi; leggendo i dati si vede poi come nel 3° trimestre, quello in cui il PIL non è diminuito, la produzione industriale ha continuato a contrarsi.

Per pensare che il dato sia significativo occorre che ci siano elementi che lo rendano sistemico e non il risultato di una misurazione e magari di qualche involontario errore.

Allora abbiamo appena visto che la produzione industriale non segna ripresa; sappiamo che i consumi si continuano a contrarre, la disoccupazione aumenta, le banche, non solo non concedono prestiti, ma addirittura la domanda da parte di imprese è crollata. Questo indica che non ci sono investimenti in atto da parte del settore privato e gli investimenti sono l'unico indice che può preannunciare la crescita.

Inutile cercare se ci sono investimenti pubblici, se ci fossero li avrebbero sbandierati, invece l'unica cosa di cui parlano è di spread e di tasse: tasse che cambiano nome e non diminuiscono mai.

Le imprese, come i privati, sono dissanguate dalle tasse e così la nostra economia oggi è in mano al Governo il quale, fino ad ora, non ha fatto nulla per il rilancio. Fino a quando non vedremo un incremento consistente degli investimenti pubblici e una contemporanea diminuzione significativa delle tasse, è impensabile che un indice non negativo (comunque lo zero non può essere considerato positivo!) sia il segno di una ripresa del ciclo economico.

Le modifiche dell'economia devono avere una base concreta e credo che valga qui il detto “una rondine non fa primavera”; per di più, uno zero non può essere di certo paragonato ad una rondine in volo.

Argomenti:   #crisi ,        #crisi economica ,        #economia ,        #italia ,        #politica ,        #politica economica



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