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Valmarina: si inaugura “Colli[m]Azioni” mostra d'arte contemporanea

Tra verde, campagna, boschi, opere d'arte, musica, panini e vino i ricordi d'infanzia riaffiorano

Di Giovanni Gelmini

2 giugno, inaugurazione. Un’occasione per tornare nei luoghi dove andavo a giocare da piccolo.Oggi l'ex Monastero è tutto lucido e la campagna intorno è verde e rigogliosa, ben coltivata e ordinata, non è come l'avevo intravista da bambino.

Entro; già molta gente si aggira negli spazi aperti e nelle sale storiche: sala capitolare, ex chiesa, sala riunione (ex dormitorio) dove sono collocate le opere di trentun artisti.


Trovo molto interessante anche una collezione di vecchi strumenti per l'agricoltura e non. Quanti oggetti c'erano che ho visto in uso da bambino, come la macchina per cardare la lana che ricordo in funzione d'estate, nel cortile di casa, quando si facevano rifare i materassi di lana, e altri che ho visto nelle cascine, nelle cantine, cose in parte sparite sostituite da macchine che fanno il lavoro quasi da sole. Ma la tappatrice per il vino che ho visto lì, no!
Quella che mi sono comprato per la cantina è ancora così, certo sicuramente migliorata, in acciaio e ottone invece del legno, con le ganasce che stringono il tappo e lo riducono al diametro di un grissino per entrare facilmente nella bottiglia, ma il meccanismo è ancora quello.
Così, curiosando tra questi reperti di una civiltà che ci sembra ormai lontana, scopro una cosa inconsueta e mi chiedo subito se non sia l'opera di un artista dell'esposizione. No, non lo è! Si tratta di un bellissimo pavone fatto con lamine e bacchette di metallo: una vera opera che emoziona.

Ora mi chiederete: “ma le opere degli artisti?”
Certo che ci sono anche quelle e le vedo, annoto, ma l'inaugurazione non è forse il momento più adatto per ben capire opere che non sempre sono facili, anzi a volte mi risultano incomprensibili. Rimandiamo ad un altro momento la loro analisi, parliamo invece di questo ambiente bello e caldo per la gente che c'è.

Iniziano gli eventi dell'inaugurazione.

Prima viene scoperta una lastra in bronzo a memoria dell'articolo 9 della costituzione, poi breve discorso e concerto degli allievi del conservatorio.
Ottimo!
Le melodie invadono l'aria, la gente zittisce e segue con attenzione, i giovani suonano concentrati sulle note, alla fine d’ogni pezzo applausi.

Il concerto finisce e ora c'è il discorso sulla mostra, ma la gente è in fermento sui tavoli predisposti per l'aperitivo rustico: sono apparsi i panini imbottiti.

Appena la curatrice smette di parlare è un tuffo: la massa plana sui panini e in quattro e quattr'otto le pigne di pane e salame, pane e pancetta sono spariti; per fortuna ci sono le scorte. Un grande successo della tradizione bergamasca!

Sono in disparte, l'accumulo di folla attorno ai tavoli non mi attira e giro nell'ex monastero.

Da una balconata vedo il bosco di Valmarina, proprio il punto dove andavo a giocare da bambino con i cugini; chissà com’è oggi quel posto.

Partivamo da Porta Nuova, al centro di Bergamo dove abitavamo, col nuovissimo autobus dell'ATB “Pontesecco” e arrivavamo fino al capolinea al monumento dei Caduti (oggi quasi invisibile nel traffico intenso). Da lì andavamo a piedi ad imboccare Via Castagneta e poi, poco più avanti, si prendeva un sentiero a destra che ci conduceva nel bosco. Ci sembrava di essere in montagna, c'erano pini e facevamo la nostra base in una piccola radura.
A volte ci allontanavamo dalla radura in “esplorazione”.
Forse la prima delle esplorazioni fu il proseguire lungo il sentiero per vedere dove andava. Poco più avanti della nostra “base”, la radura, il sentiero scendeva e raggiungeva il torrentello, per poi risalire dall'altra parte. Passato a salti sui sassi il ruscello, risaliamo per il sentiero, il bosco finiva ed appare la cascina ex-monastero. Lì ci siamo fermati perché il sentiero era un pantano e raggiungere la cascina non ci attirava.


Se confronto quello che vedo oggi a quello che ho visto allora noto una grande differenza: i campi coltivati sembrano un giardino, tutto è in ordine; allora le coltivazioni erano approssimative, disordinate, senza bellezza. Userei una parola per definire il tutto: sporco. Per noi c'era tanto sporco.

Altre volte abbiamo tentato di risalire il torrentello, ma i rovi ci hanno fermato, però abbiamo scoperto nelle curve erose dall'acqua l'affiorare di una terra grigia, elastica: la creta nativa, che noi ancora non conoscevamo.

Incuriosito ne scavai un bel blocco e me lo portai a casa. Con quello mi divertii a creare vari oggetti che poi, asciugati, dipinsi con le tempere. Mio padre mi disse che la creta andava cotta e allora, ingenuità di bimbo, approfittai quando mia madre stava cucinando un arrosto nel forno per far cuocere anche le mie opere, inutile dire che si rovinarono tutte.

Sono tornato a cercare la radura. Il sentiero scende ancora dall'ex-monastero al ruscello, l'argilla rende ancora fangoso e scivoloso il percorso, ma il bosco oggi è fatto d’alberi alti, il sottobosco è pulito con pochissimi rovi. È molto ombroso, fresco, ci sono gli uccellini che cantano e ancora oggi viene subito da pensare: che meraviglia, e siamo ad un passo da Bergamo.

La radura non c'è più, inglobata dal bosco, ma mi resta nel cuore.

Sono sobbalzato quando, leggendo lo scritto di Dario Cangelli sulla sua opera “Terzo Paesaggio 35 + 35 Anni ”, ho letto della fucilazione dei partigiani, dopo sanguinoso evento della “Villa Masnada”, che dallo scritto sembra sia avvenuto proprio “in una piccola radura sui boschi della Valmarina”.
Come? In quel luogo dove noi giocavamo liberi e contenti qualche anno prima era avvenuto un evento luttuoso e sanguinoso? Mi sono immediatamente buttato a cercare altre informazioni; la prima che ho trovato e che mi ha tranquillizzato, è stata che alla fine degli anni '40 era stato eretto un cippo in memoria dei morti e nella nostra radura non c'erano né cippi, né monumenti; poi ho scoperto che il luogo non era in Valmarina, ma nella zona del Gres a Petosino, a circa un chilometro a nord est in linea d'aria e mi dicono che poi quel luogo divenne oggetto di scavo da parte della società del Gres, per cui il monumento oggi è spostato rispetto al luogo storico.

Nella ricerca sui fatti della Villa Masnada ho scoperto una'altra cosa che riguarda la mia prima infanzia: quando i tedeschi invasero casa mia e arrestarono mio padre (che racconto in “Partigiani, Tedeschi e Fascisti” Spaziodi Magazine, 5 MAGGIO 2007 ) questi fatti sono quasi certamente conseguenza di quanto avvenuto a Villa Masnada. Per questo devo ringraziare Cangelli, ma vorrei ricordagli che la precisione nei fatti storici è un dovere assoluto. Anche agli artisti non è permesso manipolare la verità storica.

Vedi anche la recensione della mostra

 



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