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Esperienza di Terapia Intensiva

Ritorno di memoria

Trenta giorni di vita sospesa

Di Giacomo Nigro

La fase uno della pandemia del Covid19 è stata un susseguirsi di dichiarazioni senza precedenti. Trasversalmente, da un fronte all’altro, soprattutto i politici hanno fatto a gara per chi la dicesse più grossa creando scompiglio tra i virologi che da parte loro non sempre sono stati lineari.

Ora è ritornato il pericolo del gran numero di infezioni quindi mi sono proposto di ripercorrere la mia esperienza personale di malato della prima ora per sensibilizzare, coloro che hanno dubbi o addirittura negano, con il racconto obbiettivo di un’esperienza personale concreta.

Citando Massimo Giannini direttore de La Stampa, essere intubato è “Una procedura terrificante, che mi sono fatto raccontare. Ti sedano, ti infilano un tubo nei polmoni, e da quel momento su di te scende la notte di un tempo infinito e un luogo indefinito. Sei sdraiato sulla pancia, in una posizione guidata da un rianimatore esperto, per sedici ore consecutive. Dopo ti rigirano supino, per otto ore. Poi si ricomincia: sedici ore prono, otto ore supino. E così via.”

Una trentina di giorni trascorsi nel reparto di terapia intensiva, prima intubato e in coma farmacologico poi semicosciente, hanno prodotto una serie di sogni lucidi.

La "realtà del sogno" si trasformava di volta in volta nella loro ricorrenza, mi trovavo a commentare e modificare i miei sogni come se ne fossi autore e sceneggiatore. La mia esperienza personale è stata caratterizzata da parecchi sogni a puntate, a volte vedevo la stessa scena ma con dei dialoghi diversi. In uno di quei sogni mi trovavo prigioniero di spacciatori di sostanze magrebini che mi tenevano legato con una catena ad una transenna, in sella alla bicicletta con cui mi ero introdotto in quel cortile chiuso da un cancello. Non avendo mai fatto uso di stupefacenti i miei aguzzini mi esponevano alla respirazione dei fumi di oppiacei che bruciavano in una ciotola ai piedi di una delle ruote della bici, in tal modo intendevano rendermi dipendente dalle droghe per potermi prendere i soldi che custodivo in un portafogli. Mi chiedevo perché non me li prendessero visto che ero loro prigioniero.

Credo che il fatto di essere stato trattato, in un ospedale pubblico, con medicinali che hanno indotto il coma abbia influito sulla natura dei miei sogni. I sogni quindi sono l'equivalente della "vita che ti scorre davanti" ciò capita alle persone che hanno esperienze di pre-morte.
Ciò che percepivo ogni tanto come "voci angeliche" erano le voci dei dottori e dei miei cari che ascoltavo in videochiamata alla fine del periodo di addormentamento totale.

Ora posso dire di non temere la morte, credo che dopo di essa non accada nulla; dopo la mia esperienza ho meno paura, perché ho attraversato la cosa peggiore che mi potesse capitare e ne sono uscito. In realtà credo di averne tratto molti aspetti positivi.

È stata la proverbiale 'sveglia'. Ho realizzato che vivevo la mia vita come se pensassi che non avesse fine. Troppo spesso mi lasciavo distrarre da cose non importanti. Tornando indietro, anche potendo, non so se eviterei il coma perché è stata un’esperienza spensierata. Penso spesso che se fossi morto non me ne sarei accorto.



Argomenti:   #covid19 ,        #esperienza ,        #memoria ,        #terapia intensiva



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