ATTENZIONE  CARICAMENTO LENTO


I punti fondamentali dell’evoluzione tecnologica della fotografia

Dalle foto di gruppo al selfie, una brevissima storia della tecnologia ci aiuta a capire cosa è cambiato

La voglia di documentare dove si è, con chi si è e cosa si sta facendo non è di oggi, ma oggi è diventata facile e immediata

Di Giovanni Gelmini

Considerazioni sulle foto di persone

Una volta si distingueva tra “foto istantanea” e “foto in posa”. Credo che il significato sia evidente: la foto istantanea non è preparata e coglie un attimo particolare, difficile da fare con le macchine di allora, perché la sensibilità delle pellicole era bassa. Fotografi come Carter Bresson, Klein, Gianni Berengo Gardin, usarono di norma la ripresa istantanea.

Le foto “in posa” vengono preparate dal fotografo e anche qui possiamo fare due divisioni, quelle “in studio” e quelle nell’ambiente ordinario. Quelle “in studio” sono fatte in un ambiente ad hoc preparato per fare foto, con illuminazione artificiale predisposta.

Per le foto in ambiente ordinario, invece, si usa un luogo, in genere all’aperto prima che il flash fosse cosa comune, e in genere le persone si preparano per “fare la foto”; le foto ricordo appartengono a questa categoria e, in genere, i “selfie” e le foto di oggi col cellulare sono foto ricordo.

Antonio Gelmini, “Serata in casa Ambiveri”, foto ricordo del 1929. L’illuminazione necessaria è stata ottenuta bruciando una strisciolina di magnesio metallico, e stato anche usato l’autoscatto infatti l’autore è presente nella foto


I mezzi di ripresa da ieri a oggi

La fotografia è nata nella prima metà dell’800.

Macchina fotografica ottocentesca “da campagna”, così detta perché piccola e spstabile, le magghine da studio erano gigantesche

I primi apparecchi fotografici erano grossi e pesanti; i supporti fotografici erano fragili e poco sensibili.

Nel complesso i componenti della macchina fotografica, gli elementi meccanici ed ottici, erano già noti e in grado di rispondere bene alle esigenze di questa nuova tecnologia. Il punto debole era, invece, l’appena nato “sistema sensibile”, basato su un leggero strato di sali di argento, per catturare l’immagine.

Dopo i dagherrotipi, i primi supporti fotografici, vennero le lastre in vetro. Queste erano fragili e delicate, ma oltre a questo, il punto critico era che lo strato di gelatina con i sali di argento era poco sensibile alla luce e per questo le foto si potevano fare solo con la luce piena del sole e il soggetto doveva stare fermo perché i tempi di ripresa erano di conseguenza lenti.

Macchina fotografica a soffietto del primo novecento; dispone di tre sistemi di inquadratura: una lastra di vetro smerigliato dietro l’obbiettivo da sostituire con il contenitore della lastra, classico delle macchine a lastre, uno con traguardo a riflesso, sopra il sistema ottico e uno a traguardo fatto da un riquadro metallico e un “mirino” – Collezione Gelmini

Nel primo novecento i mezzi fotografici subiscono un grande cambiamento; le macchine diventano più leggere e “portabili”, la lastra fotografica viene affiancata dal 1904 dal film-pack, un aggeggio che si metteva nel vano predisposto per la lastra, questo conteneva numerosi film piani in cellulosa; il film esposto, veniva spostato tramite una linguetta di carta sul fondo del contenitore e restava cosi pronto per uno scatto un nuovo film vergine.
Indubbio il vantaggio di questo aggeggio che superava il problema del peso e della fragilità della lastra, che doveva essere posta invece da sola per ogni contenitore.

Exakta, reflex monobiettivo, presentata alla fiera di Lipsia del 1933, dotata di caratteristiche tecniche all'avanguardia per l'epoca. quella in foto è la standard del 1936, che usa pellicola in rullo tipo 127 – Collezione Gelmini

All’inizio del ‘900 appaiono anche le prime macchine con il rullino e in queste l’inquadratura non si fa più guardando in un vetro smerigliato, posto nella macchina al posto della lastra, ma in un apposito traguardo, che può essere ottenuto, nelle macchine più costose, usando lo stesso obiettivo, ma dirottando l’immagine con uno specchio durante la messa a punto della foto (reflex monoculare) o, come la Rolleiflex, con due obiettivi indipendenti.

Le pellicole diventano più sensibili e così è più facile fare fotografie, ma non ci sono automatismi: tutto deve essere fatto manualmente e l’esposizione è “a occhio”. Il fotografo deve essere necessariamente un esperto e anche dotato di buone risorse economiche, perché le macchine sono molto costose, sviluppare e stampare foto pure.

Fare foto resta per pochi. Negli anni trenta appaiono le prime macchine fotografiche “compatte”, con mirino a traguardo, adatte per scattare velocemente, ma restano un gioco di pochi facoltosi

Bencini Comet II, 1951, macchina economica e facile da usare, inquadratura solo con mirino a traguardo – Collezione Gelmini

Dobbiamo arrivare negli anni cinquanta per avere le prime macchine fotografiche popolari: in Italia ha spopolato la Comet, che usava il mezzo formato della pellicola 127 facendo ben 16 fotogrammi con un rotolo, seguita dall’Eura Ferrania, con il corpo macchina completamente in plastica. I prezzi delle macchine sono diventarti accessibili a tutti, ma le difficoltà d’uso e i costi dello sviluppo e stampa restano pesanti, anche se, nel boom economico di quegli anni, sono abbordabili e in tutte le famiglie fare foto diventa un’abitudine.

Resta il fatto di dover portare il rotolino fotografico dal fotografo che, solo dopo qualche giorno, consegnerà le foto stampate.

Questo problema viene superato dalle macchine Polaroid, che istantaneamente sviluppano la foto; questo tipo di macchina non ha avuto in Italia una grande diffusione, per i costi piuttosto elevati; oltre a questo le foto ottenute in unica copia sono difficilmente riproducibili in molte copie.

Le macchine di buon livello migliorano e troviamo finalmente gli automatismi: esposizione e messa a fuoco telemetrica, ma restano costose e riservate a un pubblico di elite. Questi automatismi li troviamo essere installati su macchine relativamente economiche solo con la diffusione dell’elettronica digitale compatta.

Resta il fatto che le pellicole devono essere sviluppate e stampate e la diffusione delle immagini è esclusivamente “cartacea”

Macchine fotografiche del 1963 all’nizio del duemila, da sinistra Edixa, macchina reflex con ottica intercambiabile, completamente manuale; al centro Yashica e Minolta completamente automatiche, a destra Yashica economica completamente automatica – Collezione Gelmini


Arriva la foto digitale

All’inizio del XX secolo abbiamo la prima svolta degli strumenti per fotografare e con il secolo XXI ecco la seconda svolta: la foto digitale, anche se iniziata già alla fine del novecento.

Scompare la pellicola a base di sali di argento, sostituita da un foto sensore, che invia l’immagine in formato digitale a una memoria elettronica.

Il risultato di questa rivoluzione è la “miniaturizzazione” degli apparati fotografici, macchine e obiettivi diventano più piccoli e leggeri, i costi crollano, ma, cosa fondamentale, le foto si vedono istantaneamente e non c’è bisogno di stamparle.
Si possono vedere perfino sul televisore di casa e, tramite internet, si possono diffondere sui social o inviandole agli amici e si stampano anche con la stampantina a colori di casa. A differenza del sistema delle pellicole a base d’argento, l’unico costo è l’apparato fotografico; lo scatto non costa nulla e si possono fare foto a ripetizione, anche perfettamente inutili.

Ultimo passaggio è l’inclusione dell’apparato fotografico nello smartphone e se all’inizio la qualità era quella che era, oggi con si possono fare foto perfette che fanno concorrenza a quelle ottenute con macchine reflex costose.
Con i cellulari è facile scattarsi foto istantanee, mentre con le macchine fotografiche è necessario sempre ricorrere all’autoscatto o, in quelle di alto livello, allo scatto remoto.

L’accoppiata cellulare e macchina fotografica è basilare per la diffusione dall’abitudine al selfie: scatto e invio immediatamente a chi voglio, perché vedano dove sono, con chi sono e cosa faccio o, allargando il concetto, le cose che mi stanno emozionando.



Argomenti:   #foto ,        #fotografia ,        #tecnologia



Leggi tutti gli articoli di Giovanni Gelmini (n° articoli 506)
il caricamento della pagina potrebbe impiegare tempo
© Riproduzione vietata, anche parziale, di tutto il materiale pubblicato

Articoli letti
15.225.023

seguici RSS RSS feed

Il sito utilizza cockies solo a fini statistici, non per profilazione. Parti terze potrebero usare cockeis di profilazione