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 Anno I n° 3 del 07/07/2005    -   LENTE DI INGRADIMENTO


Comprendiamo il significato delle parole
R&S parola molto usata, ma ai più sconosciuta come significato.
Cosa vuol dire “ricerca” e cosa è lo “sviluppo”? Quale è il loro impatto sullo sviluppo economico e sulla ricchezza di un paese?
Di Giovanni Gelmini


Spesso si sente la dizione “ricerca e sviluppo”, semplificata in R&S, ma ai molti è poco chiaro cosa si intenda e quasi sempre chi parla, parla di una sola parte di questo mondo che va dalla speculazione astratta alle piccole e semplici migliorie di un prodotto.

Credo che la prima cosa che venga in mente è proprio lo studio astratto, teoretico (ad esempio la “teoria della relatività”). A questo seguono gli studi per verificare le teorie, tanto per intenderci gli studi di Rubbia sul neutrino: lo scopo di questo tipo di ricerca è evidentemente solo quello di aumentare e perfezionare la “conoscenza”. Se ci avviciniamo ancora alla sfera degli umani mortali, troviamo la ricerca finalizzata; sempre per chiarire con una esemplificazione, possiamo pensare alla “fusione nucleare”. In questo caso si cerca il modo di realizzare un qualche cosa o di risolvere un problema. In genere questi tipi di ricerca sono svolti dalle Università o da centri specifici come quello del C.N.R. e non porta direttamente ad applicazioni pratiche, a brevetti, ma a pubblicazioni scientifiche e a comunicazioni in convegni.

Perché un’ idea, una scoperta scientifica trovi applicazione nell’attività economica occorre che passi attraverso la fase di “sviluppo”. È solo dal dopoguerra che ricerca e sviluppo sono state accomunate. Dalla rivoluzione industriale del ‘700 fino agli anni ’30 la tecnologia si è sviluppata in modo indipendente dalla ricerca scientifica, anzi questa studiava i fenomeni messi in evidenza dallo sviluppo della tecnologia. Credo di non sbagliare dicendo che la prima applicazione di una idea scientifica sia stata la Radio di Marconi. Questo dà l’idea di come il legame tra sviluppo scientifico e sviluppo tecnologico sia veramente recente.

Anche nello sviluppo abbiamo vari livelli: dallo studio del prototipo, che in genere avviene in laboratori specializzati, al miglioramento che può avvenire anche negli stessi reparti di produzione o nei laboratori ad essi connessi. Lo scopo dello sviluppo è creare nuove opportunità economiche o migliorare le esistenti, quindi è in questa fase che si generano la maggior parte dei brevetti. È evidente che questa fase è quella che trova applicazione reale nell’ industria.

Ecco che si sente la frase : “si deve investire di più in ricerca”; questa ha un significato diverso se la dice Rubbia o Montezemolo. L’industria preme per avere supporto allo sviluppo, mentre i ricercatori universitari spingono per la ricerca di alto livello. Ma allora che cosa serve veramente per sostenere la competitività del Paese Italia?

Partiamo da una piccola osservazione: la Ricerca è lenta, si misura in decenni e spesso non arriva in porto; si calcola che solo una piccola percentuale dei progetti di ricerca trova un risultato utile. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma non è uno spreco? I metodi per ridurre il rischio di insuccesso si sono affinati, ma il rischio resta alto e se si vogliono ottenere risultati certi, si deve sostenere un elevato numero di progetti di ricerca, altrimenti la probabilità di successo tende a zero. Ora per ridurre il rischio è opportuno che questo tipo di ricerca sia visto non come un orticello locale o nazionale, ma immerso in un contesto molto più ampio. Questa è una delle opportunità fornite dall’Europa. Lo sviluppo al contrario è veloce i sui tempi si misurano in mesi, al massimo qualche anno, la probabilità di insuccesso non è elevata come per la ricerca. A quanto detto, dobbiamo aggiungere che è solo l’applicazione che genera ricchezza, non la teoria, e che la conoscenza si muove a livello mondiale, cioè io posso sviluppare un brevetto in Italia ed applicarlo in Togo; a questo punto il brevetto produrrà benefici economici personali a me in Italia, ma la crescita dell’economia la produrrà in Togo e non in Italia.

Da questi ragionamenti si possono trarre delle semplici regole ben comprensibili. In un momento congiunturale sfavorevole, come quello che stiamo vivendo, si deve investire affinché il processo di “sviluppo” della tecnologia sia incentivato e trovi applicazione in Italia, e questo è quello che chiede Montezemolo, per rifarci all’esempio precedente; nello stesso tempo, siccome il processo della ricerca è lento e lungo ed è all’origine delle applicazioni fornite dallo sviluppo, non si può tralasciare di investire in modo adeguato nella Ricerca, che oltretutto serve anche a creare l’ambiente culturale in cui cresce lo Sviluppo. Purtroppo i vari governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi decenni hanno sempre più ridotto gli investimenti nella ricerca, penalizzando di conseguenza anche lo sviluppo, al quale per di più negli ultimi anni hanno anche ridotto i fondi a disposizione. Questo è uno dei motivi, anche se non l’unico, per cui le nostre imprese hanno ora difficoltà a gareggiare con il resto del mondo.



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