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 Anno VII n° 3 MARZO 2011    -   TERZA PAGINA


Barletta, un mare d’arte
Orientalisti tra incanti e scoperte
Emanuela Angioli, con Anna Villari, è curatrice della mostra “Incanti e scoperte L’Oriente nella pittura dell’Ottocento italiano”
Di Emanuela Angiuli


Vincenzo Marinelli, Il ballo dell’ape nell’harem, olio su tela, 186 x 269, Napoli, Museo di Capodimonte
Danzando, Kuchuk lasciava cadere le vesti – scrive Flaubert durante il lungo soggiorno in Egitto nel 1849 – Alla fine rimase nuda, solo con un fichu che teneva in mano…Alla fine gettò via anche il fichu. Quella era l’Ape. Dopo aver ripetuto per noi il meraviglioso passo che aveva eseguito nel pomeriggio, si gettò ansimando sul divano, mentre il corpo continuava a sussultare ritmicamente.

Le suggestioni ispirate da culture remote e misteriose, le terre lontane, la tensione verso l’ignoto, i soggetti storici o fantastici, le atmosfere e le narrazioni ispirate all'Oriente, introducono nella pittura europea, fin dalla prima metà dell’800, il fascino e il singolare genere dell’esotismo, vissuto fin dall’inizio con piena sensibilità romantica. Orientalisti è il termine convenzionale con cui furono chiamati gli artisti che si dedicarono alla rappresentazione di paesi mediorientali di cultura araba, ritraendo costumi e ambienti ricchi di fascino, spesso venati di erotismo.

In Italia, apre la strada al filone orientale il veneziano Francesco Hayez (Venezia 1791 – Milano 1882), subito seguito da altri pittori dell’Italia settentrionale. L’incantesimo dei mondi immaginati, remoti dalla quotidianità ma reali, fa dell’Oriente, tra mistero e desiderio positivista di conoscenza, una ricchissima fonte d’ispirazione. Tutta "italiana", fino alla stagione del colonialismo, mutando via via di carattere e di significato.

Al gusto dell’esotico che già si afferma nei decenni del primo romanticismo, non si sottrae Ippolito Caffi ( Belluno 1809 – Lissa 1866) che nel 1843 parte per Napoli e di qui per Atene e l'Oriente con soste a Costantinopoli, Smirne, Efeso. Dal Cairo, risalendo lungo il Nilo fino a Luxor e Laodicea si imbarca per Atene da dove torna a Roma nella primavera dell’anno successivo, carico di schizzi e di opere. A Costantinopoli aveva dipinto il Bazar degli schiavi e alcune importanti moschee tra le quali Santa Sofia; in Egitto gli Interni del Bazar, una Carovana nel deserto, la Moschea del Cairo, l’Istmo di Suez. Infine a Gerusalemme la città dal Monte Uliveto.

 
Giulio Viotti: Idillio a Tebe, 1872, olio su tela, 303 x 170,5 cm. Trieste, Museo Revoltella-Galleria d’Arte Moderna
Alberto Pasini (Busseto,Parma 1826-Cavoretto,Torino 1899) arriva in Oriente nel 1855 al seguito del ministro francese Bourée diretto in Persia per una missione diplomatica. Un secondo suo soggiorno nei paesi dell’Oriente mediterraneo risale al 1859, seguito negli anni successivi da lunghi soggiorni a Costantinopoli, affascinato dai colori, dalla cultura, dagli ambienti della vita quotidiana, rappresentati nella sua pittura con profonda e sincera partecipazione.

Contemporaneo di Pasini, Stefano Ussi (Firenze 1822-1901), uno dei principali esponenti della pittura orientalista, si reca per la prima volta in Egitto nel 1869 in occasione dell’apertura del Canale di Suez dove lavorò su commissione del pascià d’Egitto. Tra il 1870 e il ’75 è in Marocco assieme a Cesare Biseo con il quale realizza le illustrazioni per il libro “Marocco” di Edmondo De Amicis.

Cesare Biseo (Roma 1843-1909) trae motivi orientali ed esotici durante la permanenza in Egitto dove su invito del viceré affresca il Palazzo del Governo ad Alessandria. Africa ed Asia, dove soggiornò lungamente come membro della prima missione diplomatica italiana, lo influenzarono verso una pittura permeata da un'atmosfera struggente e suggestiva. Scene orientali ed africane; panorami e vedute, figure e ritratti; animali pieni di brio e di vita sono frutto di elaborazioni sui numerosi appunti riportati dai frequenti viaggi.

Sugli stessi percorsi – Istanbul, Marocco, Damasco, Tunisia, Numidia – si svolge l’itinerario artistico di Roberto Guastalla (Parma 1855 –Viarolo 1912) “pellegrino del sole” dal 1886 fino al 1908, quando attraversa per l'ultima volta il Mediterraneo per recarsi in Tunisia, accompagnato, oltre che da pennelli e colori, dalla macchina fotografica con la quale documenta i paesaggi, le architetture e i costumi dei paesi che visita.

Dal fascino della scoperta che si fa documentazione, suggestione, visione di altri mondi, nascono le opere di Federico Faruffini (Sesto San Giovanni, 1833 – Perugia, 1869), Luigi Mussini (Berlino 1813 – Siena 1888), Gaetano Previati (Ferrara 1852 – Lavagna 1920), Eugenio Zampighi (Modena 1859-Maranello 1944).

In forme e linguaggi stilistici diversi si affacciano sugli scenari del Mediterraneo mediorientale anche pittori meridionali. Domenico Morelli (Napoli 1826 – 1901) testimone di una volontà poetica quando afferma di voler “rappresentare figure e cose non viste, ma immaginate e vere ad un tempo ”aderisce alla tematica anche senza aver visitato personalmente i luoghi. Nelle Tentazioni di Sant’Antonio del 1878, Morelli tocca il punto più alto della sua produzione ispirata all’Oriente, con un santo smarrito vestito in foggia araba e un’odalisca modernissima, nuda e tentatrice. Nel Bagno turco del 1876-78, propone la rivisitazione di un quadro di Gérôme, suo grande estimatore, cogliendo le atmosfere sensuali e affascinanti dell’hammam, con colori vivaci ed eleganti stilemi. Nelle “visioni” esotiche nascono le bellezze femminili, le odalische, ma anche le terre bruciate dal sole, la storia, la religione. Una moda che fa breccia anche nel cuore di Vincenzo Marinelli (San Martino d'Agri 1819-Napoli 1892), Marco De Gregorio (Resina, 1829 - Napoli, 1876) del messinese Ettore Cercone (Messina 1850-Piana di Sorrento 1896).

 
Francesco Netti: Nudo di donna, ? olio su tela, 28,5x42,5 cm. Conversano, Pinacoteca Comunale
Particolarmente fortunato fu il genere anche in Puglia. Francesco Paolo Netti (Santeramo in Colle 1832-Napoli 1894) esponente di grande spessore artistico nella cultura meridionale del secondo Ottocento, è allievo di Morelli. A Parigi dal 1866 al 1871, le sue opere di gusto orientalista nascono dopo un soggiorno in Turchia nel 1884, svelando una sensibile attenzione per atmosfere di tono intimista.

La sua attività di critico e recensore alle esposizioni d’arte nazionale dell’epoca, ne svela la sottigliezza e la capacità di discernere, all’interno del filone orientale, profonde, intime adesioni. Le opere orientaleggianti di Francesco Paolo Netti furono eseguite dopo il viaggio compiuto nel 1884 in compagnia di Edoardo Dalbono e Camillo Miola al seguito del mecenate Francesco Caravita, principe di Siringano. Netti si limitò, durante il viaggio, a riprendere i luoghi toccati dallo yatch “Rondine” di Sirignano, e in particolare i luoghi del Bosforo come Terapia – oggi Tarabya - dove aveva sede la residenza estiva dell'ambasciatore d'Italia. Al ritorno a Napoli, inaugurò, con La Siesta, una serie di lavori di raffinata qualità, come Le ricamatrici levantine o Nell'harem. Si tratta di dipinti non di grande formato, venati dallo stesso 'garbo mediterraneo' che si riscontra nelle odalische di Domenico Morelli.

Leonardo De Mango, nato nel 1843 a Bisceglie, dopo la formazione presso il Real Istituto di Belle Arti di Napoli lascia l’Italia per l’Oriente, viaggiando in Siria e in Egitto, per poi stabilirsi definitivamente a Istanbul dove muore nel 1930. Antonio Piccinni (Trani 1846-Roma 1920), di formazione napoletana, trasferitosi a Roma nel 1872, partecipa nel 1878 all’Esposizione Universale di Parigi. Dal 1889, impiegato presso l’Istituto Idrografico della Marina, viaggia in Medio Oriente da dove riporta opere ispirate ai luoghi e alle popolazioni arabe.

Al di là dell’Adriatico, Paesaggi, Le città e gli incontri, Sognando le odalische sono i capitoli delle scritture pittoriche della mostra. Due mondi, Occidente e Oriente, si incontrano nelle tessiture del viaggio, sulle piste dilatate del deserto, nei regni delle carovane, fra odori, colori, brusii delle città, nelle stanze segrete dell’harem e le movenze inebrianti di suonatori e danzatrici attraverso i capolavori esposti nelle sale del Palazzo della Marra di Barletta, inondate dalla luce dell’Adriatico di Puglia dove le influenze dell’esotismo riecheggiano in altri capolavori incastonati nel paesaggio, le architetture moresche del Salento, simili a pagine d’arte e della cultura fra due mondi oggi quanto mai vicini e dialoganti.


Incanti e scoperte L’Oriente nella pittura dell’Ottocento italiano
Barletta, Pinacoteca « Giuseppe De Nittis », Palazzo Marra,
4 marzo – 5 giugno 2011

Vedi la presentazione della mostra



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